北京人 Běijīng rén

Racconti di viaggi in giro per la Cina (e il mondo) di uno che è rimasto a Pechino troppo tempo…

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Dalla Thailandia al Myanmar (Birmania) via terra

Circa 3 mesi fa, il 14 marzo 2020, decido di intraprendere la traversata dalla Thailandia alla Birmania (anche detta Myanmar) via terra. Vediamo come è andata nei dettagli. In primo luogo ho fatto (e stampato) il visto elettronico per la Birmania dal sito del governo birmano : il visto consiste in una pagina che viene mandata per e-mail il giorno successivo al pagamento e che deve poi essere presentata all’immigrazione quando si passa il confine. Costa 50 dollari. Sulla pagina del visto si dice che c’è bisogno di presentare alla frontiera un biglietto aereo/ferroviario di ritorno o di proseguimento verso un paese terzo ma questo non mi viene chiesto.

Comunque io la mattina del 14 marzo mi trovo a Sukhothai, in Thailandia, e dalla stazione dei pullman di questa amena (non tanto) località nel nord-ovest(più o meno) del paese prendo un “minibus” (un furgoncino da una decina di posti in pratica) per la città thailandese (al confine tra Thailandia e Birmania) di Mae Sot.

Minibus in partenza dall’autostazione di Sukhothai (in Thailandia) e diretto a Maesot (al confine con la Birmania).

A Maesot, dopo un viaggio di circa 3 ore, vengo scaricato al terminal dei bus, a circa 7km dal posto di confine Thailandia-Birmania. A questo punto mi si presentano 2 alternative: farmi un 15 minuti a piedi fino al mercato e poi da lì prendere un songthaew (una specie di camioncino condiviso) per lo strabiliante prezzo di 20 baht (circa 0,60 euro) fino al confine oppure farmici portare in scooter per 100 baht (circa 2,80 euro). Decido che i 2 euro (circa) in meno non valgono lo sbattimento e quindi opto per lo scooter.

Arrivato all’Ufficio immigrazione dalla parte thailandese del confine, mi stampano il passaporto in uscita dalla Thailandia, mi prendono le impronte digitali e mi avvio sul Thailand-Myanmar Friendship Bridge: un ponte tra Thailandia e Birmania che attraversa il fiume Moei. Non c’è sole ma in compenso c’è un caldo afoso che annebbia i pensieri.

Il “Thailand-Myanmar Friendship Bridge” (un ponte tra Thailandia e Birmania).
Un’altra foto del Thailand-Myanmar Friendship Bridge (un ponte tra Thailandia e Myanmar).

Comunque è una bella traversata e una volta giunti dall’altra parte si ha la percezione che le cose inizino a farsi ancora più “approssimative” e caotiche. Ma procediamo con ordine: il primo passo una volta arrivato al posto di confine birmano è stato l’ingresso in una stanzetta dove due tizie vestite tipo infermiere mi hanno preso la temperatura: questa non so se fosse una misura per il contenimento del ceppo virale SARS-CoV-2 oppure se fosse normale amministrazione anche in “tempo di pace” (in ogni caso, per inciso, 5 giorni dopo, il 19 marzo 2020, hanno chiuso questo confine dal quale sono entrato in Birmania “causa orthocoronavirinae”). A parte una lieve agitazione per un potenziale esito positivo della misurazione della temperatura corporea, invece va tutto bene e sul passaporto(sulla copertina esterna) mi viene applicato un adesivo dove c’è stampata la data (14 marzo 2020) e una scritta che dice: “Health Quarantine Myawaddy“(Myawaddy è la città che sta dalla parte birmana del confine).

Viene applicato un adesivo dove c’è la stampata la data (14 marzo 2020) e una scritta che dice: Health Quarantine Myawaddy.

Il secondo passo è la compilazione di un registro (presso una finestra poco più avanti della stanza della misurazione della temperatura) dove i viaggiatori lasciano le proprie generalità: nome, cognome, numero di passaporto, dove si è diretti, firma ecc. Mi viene fatto scrivere il tutto a penna e c’è qualcuno che mi suggerisce cosa scrivere e dove firmare e immagino sia qualcuno che lavori alla dogana ma scopro poi essere l’autista di un taxi condiviso che una volta passata l’immigrazione vuole portarmi da qualche parte (comunque non insiste troppo).

Il terzo ed ultimo passo per entrare in Birmania è l’Ufficio immigrazione vero e proprio dove presento il passaporto e il visto elettronico stampato sul foglio A4: nel giro di 10-15 minuti mi mettono il timbro sul passaporto e sul foglio A4 con il visto e finalmente posso fare il mio ingresso in Birmania.

Lasciato l’Ufficio immigrazione metto piede a Myawaddy: un delirio di macchine, negozietti di ogni tipo, veicoli, traffico, folla. E persone col longyi, una specie di “pantolone-gonna” tradizionale birmano che vedo per la prima volta: avrei voluto comprarlo ma poi mi è passato di mente. Comunque la prima cosa che faccio è cambiare i contanti (i miei baht thailandesi) in valuta locale: il kyat (che viene pronunciato come si pronuncerebbe “jazz“, una cosa del genere). I cambiavalute sono niente di più che tavolini di legno con delle macchinette contasoldi posti all’esterno di alcuni negozietti a poche centinaia di metri dal confine. Così, dopo aver cambiato i soldi (un MALLOPPO ASSURDO di banconote che entra a malapena nel portafogli) e aver comprato una SIM birmana dallo stesso negozio, mi metto alla ricerca di un taxi condiviso per arrivare alla mia prossima meta: Mawlamyine (che si pronuncia come in napoletano si pronuncerebbe ‘melenzane’, e cioè: ‘mulignan‘, più o meno).

Ogni banconota è da appena 1000 kyat (ovvero 6 euro).

Chiedo un po’ in giro e ben presto trovo qualcuno che mi dice che va a Mawlamyine ma il problema è che finché l’autista del taxi non trova qualcun altro che va nello stesso posto non può partire, così mi rassegno ad aspettare un po’. Il tizio col longyi continua a dirmi che c’è da aspettare ma visto che ormai sono trascorse due ore e non si vede fine all’attesa allora mi sbologna a n’amico suo che ha già altri passeggeri a bordo e che finalmente parte in direzione ovest. Gli altri passeggeri sono ‘na signora con (credo) il figlio: la signora (più vecchia che giovane) sembra messa abbastanza male, infatti tossisce in continuazione e sembra essere in un evidente stato febbrile, il che, essendo un periodo di coronavirus, è alquanto preoccupante e il pensiero di aver eventualmente contratto il COronaVIrus Disease-2019 mi accompagna per almeno una decina di giorni. I circa 120Km che mi separano dalla mia meta, a parte poche eccezioni, sono un unico grande cantiere coperto da strati di polvere talmente spessi che sembra di essere nel deserto.

Comunque, tempo tre ore circa, passato un ponte alquanto spettacolare arrivo presso il mio hotelsupereconomico (pagato l’equivalente di 6 euro per una notte) in città. Ma questa è un’altra storia:

 

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